Il magistero di Benedetto XVI
Questione ambientale e prospettiva del 'volto'



Basilica Vaticana
Venerdì, 1° gennaio 2010

Venerati Fratelli, illustri Signori e Signore, cari fratelli e sorelle!

Nel primo giorno del nuovo anno abbiamo la gioia e la grazia di celebrare la Santissima Madre di Dio e, al tempo stesso, la Giornata Mondiale della Pace. In entrambe le ricorrenze celebriamo Cristo, Figlio di Dio, nato da Maria Vergine e nostra vera pace! A tutti voi, che siete qui convenuti: Rappresentanti dei popoli del mondo, della Chiesa romana e universale, sacerdoti e fedeli; e a quanti sono collegati mediante la radio e la televisione, ripeto le parole dell’antica benedizione: il Signore rivolga a voi il suo volto e vi conceda la pace (cfr Nm 6,26). Proprio il tema del Volto e dei volti vorrei sviluppare oggi, alla luce della Parola di Dio - Volto di Dio e volti degli uomini - un tema che ci offre anche una chiave di lettura del problema della pace nel mondo.

Abbiamo ascoltato, sia nella prima lettura – tratta dal Libro dei Numeri – sia nel Salmo responsoriale, alcune espressioni che contengono la metafora del volto riferita a Dio: “Il Signore faccia risplendere per te il suo volto / e ti faccia grazia” (Nm 6,25); “Dio abbia pietà di noi e ci benedica, / su di noi faccia splendere il suo volto; / perché si conosca sulla terra la tua via, / la tua salvezza fra tutte le genti” (Sal 66/67,2-3). Il volto è l’espressione per eccellenza della persona, ciò che la rende riconoscibile e da cui traspaiono sentimenti, pensieri, intenzioni del cuore. Dio, per sua natura, è invisibile, tuttavia la Bibbia applica anche a Lui questa immagine. Mostrare il volto è espressione della sua benevolenza, mentre il nasconderlo ne indica l’ira e lo sdegno. Il Libro dell’Esodo dice che “il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico” (Es 33,11), e sempre a Mosè il Signore promette la sua vicinanza con una formula molto singolare: “Il mio volto camminerà con voi e ti darò riposo” (Es 33,14). I Salmi ci mostrano i credenti come coloro che cercano il volto di Dio (cfr Sal 26/27,8; 104/105,4) e che nel culto aspirano a vederlo (cfr Sal 42,3), e ci dicono che “gli uomini retti” lo “contempleranno” (Sal 10/11,7).

Tutto il racconto biblico si può leggere come progressivo svelamento del volto di Dio, fino a giungere alla sua piena manifestazione in Gesù Cristo. “Quando venne la pienezza del tempo – ci ha ricordato anche oggi l’apostolo Paolo – Dio mandò il suo Figlio” (Gal 4,4). E subito aggiunge: “nato da donna, nato sotto la legge”. Il volto di Dio ha preso un volto umano, lasciandosi vedere e riconoscere nel figlio della Vergine Maria, che per questo veneriamo con il titolo altissimo di “Madre di Dio”. Ella, che ha custodito nel suo cuore il segreto della divina maternità, è stata la prima a vedere il volto di Dio fatto uomo nel piccolo frutto del suo grembo. La madre ha un rapporto tutto speciale, unico e in qualche modo esclusivo con il figlio appena nato. Il primo volto che il bambino vede è quello della madre, e questo sguardo è decisivo per il suo rapporto con la vita, con se stesso, con gli altri, con Dio; è decisivo anche perché egli possa diventare un “figlio della pace” (Lc 10,6). Tra le molte tipologie di icone della Vergine Maria nella tradizione bizantina, vi è quella detta “della tenerezza”, che raffigura Gesù bambino con il viso appoggiato – guancia a guancia – a quello della Madre. Il Bambino guarda la Madre, e questa guarda noi, quasi a riflettere verso chi osserva, e prega, la tenerezza di Dio, discesa in Lei dal Cielo e incarnata in quel Figlio di uomo che porta in braccio. In questa icona mariana noi possiamo contemplare qualcosa di Dio stesso: un segno dell’amore ineffabile che lo ha spinto a “dare il suo figlio unigenito” (Gv 3,16). Ma quella stessa icona ci mostra anche, in Maria, il volto della Chiesa, che riflette su di noi e sul mondo intero la luce di Cristo, la Chiesa mediante la quale giunge ad ogni uomo la buona notizia: “Non sei più schiavo, ma figlio” (Gal 4,7) – come leggiamo ancora in san Paolo.

Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, Signori Ambasciatori, cari amici! Meditare sul mistero del volto di Dio e dell’uomo è una via privilegiata che conduce alla pace. Questa, infatti, incomincia da uno sguardo rispettoso, che riconosce nel volto dell’altro una persona, qualunque sia il colore della sua pelle, la sua nazionalità, la sua lingua, la sua religione. Ma chi, se non Dio, può garantire, per così dire, la “profondità” del volto dell’uomo? In realtà, solo se abbiamo Dio nel cuore, siamo in grado di cogliere nel volto dell’altro un fratello in umanità, non un mezzo ma un fine, non un rivale o un nemico, ma un altro me stesso, una sfaccettatura dell’infinito mistero dell’essere umano. La nostra percezione del mondo e, in particolare, dei nostri simili, dipende essenzialmente dalla presenza in noi dello Spirito di Dio. E’ una sorta di “risonanza”: chi ha il cuore vuoto, non percepisce che immagini piatte, prive di spessore. Più, invece, noi siamo abitati da Dio, e più siamo anche sensibili alla sua presenza in ciò che ci circonda: in tutte le creature, e specialmente negli altri uomini, benché a volte proprio il volto umano, segnato dalla durezza della vita e dal male, possa risultare difficile da apprezzare e da accogliere come epifania di Dio. A maggior ragione, dunque, per riconoscerci e rispettarci quali realmente siamo, cioè fratelli, abbiamo bisogno di riferirci al volto di un Padre comune, che tutti ci ama, malgrado i nostri limiti e i nostri errori.

Fin da piccoli, è importante essere educati al rispetto dell’altro, anche quando è differente da noi. Ormai è sempre più comune l’esperienza di classi scolastiche composte da bambini di varie nazionalità, ma anche quando ciò non avviene, i loro volti sono una profezia dell’umanità che siamo chiamati a formare: una famiglia di famiglie e di popoli. Più sono piccoli questi bambini, e più suscitano in noi la tenerezza e la gioia per un’innocenza e una fratellanza che ci appaiono evidenti: malgrado le loro differenze, piangono e ridono nello stesso modo, hanno gli stessi bisogni, comunicano spontaneamente, giocano insieme… I volti dei bambini sono come un riflesso della visione di Dio sul mondo. Perché allora spegnere i loro sorrisi? Perché avvelenare i loro cuori? Purtroppo, l’icona della Madre di Dio della tenerezza trova il suo tragico contrario nelle dolorose immagini di tanti bambini e delle loro madri in balia di guerre e violenze: profughi, rifugiati, migranti forzati. Volti scavati dalla fame e dalle malattie, volti sfigurati dal dolore e dalla disperazione. I volti dei piccoli innocenti sono un appello silenzioso alla nostra responsabilità: di fronte alla loro condizione inerme, crollano tutte le false giustificazioni della guerra e della violenza. Dobbiamo semplicemente convertirci a progetti di pace, deporre le armi di ogni tipo e impegnarci tutti insieme a costruire un mondo più degno dell’uomo.

Il mio Messaggio per l’odierna XLIII Giornata Mondiale della Pace: “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”, si pone all’interno della prospettiva del volto di Dio e dei volti umani. Possiamo, infatti, affermare che l’uomo è capace di rispettare le creature nella misura in cui porta nel proprio spirito un senso pieno della vita, altrimenti sarà portato a disprezzare se stesso e ciò che lo circonda, a non avere rispetto dell’ambiente in cui vive, del creato. Chi sa riconoscere nel cosmo i riflessi del volto invisibile del Creatore, è portato ad avere maggiore amore per le creature, maggiore sensibilità per il loro valore simbolico. Specialmente il Libro dei Salmi è ricco di testimonianze di questo modo propriamente umano di relazionarsi con la natura: con il cielo, il mare, i monti, le colline, i fiumi, gli animali… “Quante sono le tue opere, Signore! – esclama il Salmista – / Le hai fatte tutte con saggezza; / la terra è piena delle tue creature” (Sal 104/103,24).
In particolare, la prospettiva del “volto” invita a soffermarsi su quella che, anche in questo Messaggio, ho chiamato “ecologia umana”. Vi è infatti un nesso strettissimo tra il rispetto dell’uomo e la salvaguardia del creato. “I doveri verso l’ambiente derivano da quelli verso la persona considerata in se stessa e in relazione agli altri” (ivi, 12). Se l’uomo si degrada, si degrada l’ambiente in cui vive; se la cultura tende verso un nichilismo, se non teorico, pratico, la natura non potrà non pagarne le conseguenze. Si può, in effetti, constatare un reciproco influsso tra volto dell’uomo e “volto” dell’ambiente: “quando l’ecologia umana è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio” (ibid.; cfr Enc. Caritas in veritate, 51). Rinnovo, pertanto, il mio appello ad investire sull’educazione, proponendosi come obiettivo, oltre alla necessaria trasmissione di nozioni tecnico-scientifiche, una più ampia e approfondita “responsabilità ecologica”, basata sul rispetto dell’uomo e dei suoi diritti e doveri fondamentali. Solo così l’impegno per l’ambiente può diventare veramente educazione alla pace e costruzione della pace.

Cari fratelli e sorelle, nel Tempo di Natale ricorre un Salmo che contiene, tra l’altro, anche un esempio stupendo di come la venuta di Dio trasfiguri il creato e provochi una specie di festa cosmica. Questo inno inizia con un invito universale alla lode: “Cantate al Signore un canto nuovo, / cantate al Signore, uomini di tutta la terra. / Cantate al Signore, benedite il suo nome” (Sal 95/96,1). Ma a un certo punto questo appello all’esultanza si estende a tutto il creato: “Gioiscano i cieli, esulti la terra, / risuoni il mare e quanto racchiude; / sia in festa la campagna e quanto contiene, / acclamino tutti gli alberi della foresta” (vv. 11-12). La festa della fede diventa festa dell’uomo e del creato: quella festa che a Natale si esprime anche mediante gli addobbi sugli alberi, per le strade, nelle case. Tutto rifiorisce perché Dio è apparso in mezzo a noi. La Vergine Madre mostra il Bambino Gesù ai pastori di Betlemme, che gioiscono e lodano il Signore (cfr Lc 2,20); la Chiesa rinnova il mistero per gli uomini di ogni generazione, mostra loro il volto di Dio, perché, con la sua benedizione, possano camminare sulla via della pace. 


                                                                             BENEDETTO XVI


 
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SENZA DIO C'E'  SOLO L'IO

di Vitalba Lo Re



Il primo giorno dell’anno 2010, solennità della SS. Madre di Dio e Giornata Mondiale della Pace, nella Messa concelebrata con i Cardinali, Tarciso Bertone - Segretario di Stato -, e Renato Raffaele Martino - Presidente emerito del Pontificio consiglio “Giustizia e Pace” -, il Pontefice ha sviluppato, nella sua omelia, il tema del Volto di Dio e dei volti degli uomini e ha altresì richiamato il suo Messaggio per la XLIII Giornata Mondiale della Pace: “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”.

“Meditare sul mistero del volto di Dio e dell’uomo è una via privilegiata che conduce alla pace”: sono queste le parole, pronunciate dal Santo Padre, con le quali ha voluto far intendere che impossibili risultano grandi progetti di Pace se, nella quotidianità e nella semplicità di ogni giorno, non si è capaci di rispettare il volto del fratello che ci è accanto. Solo se l’uomo rispetta la sua vita e quella del prossimo può rispettare e salvaguardare il Creato.

A mio avviso, c’è un aspetto interessante, ai fini di una non superficiale riflessione, che forse ha già stupito i lettori più attenti e mi riferisco alla scelta della persona soggetto attivo destinataria del Messaggio. Il tu preferito ad un possibile e più generico “voi” suggerisce e sottolinea come tutti noi, individualmente considerati, siamo responsabili della tutela dell’ambiente.

Nessuno può ritenersi estraneo, perciò sono importanti - fondamentali direi - le scelte dei singoli oltreché delle famiglie, quelle degli amministrati quanto quelle degli amministratori. La cura dell’ambiente inizia, infatti, e troppo spesso oggi ce ne dimentichiamo, dalla pulizia delle strade, dal rispetto dei monumenti, dal conservare integri i muri della città, dal custodire in buono stato le opere pubbliche, il verde e così via. Ecco che, ciascuno, seppur nella semplicità e nella quotidianità, può e deve fare la sua parte. Del resto come possiamo noi Cristiani, alla luce della Parola, non riconoscere nel Creato l’opera creatrice dell’Amore? Il Creato è un dono di Dio, Egli ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci: “Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?” (Sal. 8,4-5). Contemplare la bellezza del creato è, dunque, stimolo a riconoscere quell’ Amor che “move il sole e le altre stelle”.

Il tema dell’ecologia ambientale è quanto mai attuale se pensiamo alle numerose problematiche che tra l’altro non sono poi così distanti da noi: degrado ambientale, sfruttamento senza limiti delle risorse per esclusivi interessi economici, cambiamenti climatici, aumento degli eventi naturali estremi, inquinamento.

La Chiesa rivolge la sua personale attenzione alla tematica ecologica. Forse non tutti sanno che quando il Papa riceve i pellegrini nell’aula Paolo VI l’energia elettrica necessaria per l’illuminazione, l’amplificazione della voce e l’aerazione, è fornita da duemilaquattrocento pannelli fotovoltaici posti sul tetto che garantiscono una produzione di trecento megawatt all’ora. E’ questo uno dei segni concreti che la Chiesa pone in essere, importante, non l’unico però; è bene, infatti, ricordare che è impegnata non solo a promuovere la difesa della terra, dell’acqua, dell’aria, ma soprattutto si adopera per proteggere l’uomo contro la distruzione di se stesso”.

In particolare, richiamando la prospettiva del “volto” Benedetto XVI invita, attraverso la Sua omelia a soffermarsi su quella che nel Messaggio e nell’Enciclica Caritas in Veritate ( cfr. 51) ha chiamato “ecologia umana”. Vi è, infatti, un nesso strettissimo tra la salvaguardia del creato e il rispetto dell’uomo: “I doveri verso l’ambiente derivano da quelli verso la persona considerata in se stessa e in relazione agli altri. Se l’uomo si degrada, si degrada l’ambiente in cui vive; se la cultura tende verso un nichilismo, se non teorico, pratico, la natura non potrà non pagarne le conseguenze”. Si può, in effetti, constatare un reciproco influsso tra volto dell’uomo e “volto” dell’ambiente.

Ecco il tema dell’ecologia umana da cui l’ecologia ambientale può trarre benefici. Non è possibile rispettare l’ambiente se non si rispetta se stessi e l’io in relazione al tu che dà - indubbiamente in teoria, meglio dovrebbe in pratica-, vita al “noi”. Tutti sappiamo che il volto è la più immediata e diretta espressione della persona, dei suoi sentimenti, delle sue emozioni, del suo modo di essere, del suo vissuto. Eppure quante discriminazioni per la pelle, la lingua, la religione? “Solo se abbiamo Dio nel cuore siamo in grado di cogliere nel volto dell’altro un fratello, non un mezzo ma un fine, non un rivale o un nemico ma un altro me stesso” così come il Papa ci comunica.

Un ulteriore aspetto che desidero richiamare, infine, è il legame che sussiste tra due elementi, la pace e l’ambiente, apparentemente non vincolati, ma di fatto legati perché la custodia del Creato è essenziale per la pacifica convivenza dell’umanità. Già i predecessori del Papa se ne erano occupati: Leone XIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II. Quest’ultimo, vent’anni or sono, sottolineava il rischio che la pace corre se l’ambiente non è salvaguardato.

Se vogliamo, in relazione a tale aspetto, possiamo cercare un esempio profetico. Penso a san Francesco d’Assisi. Durante l’incontro con il Sultano in particolare, ma in generale in tutta la sua vita, ha testimoniato l’Amore che nutriva per il Creato e che al tempo stesso si tramutava in promozione della Pace. Come “ieri”, Francesco, Strumento della Sua Pace, anche oggi forse potrebbe esserci d’aiuto.



Data: 29/01/2010
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